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Infortunio in itinere, cosa fare

infortunio in itinere cosa fare

Tutti noi sappiamo che per i lavoratori dipendenti la legge prevede l’assicurazione obbligatoria INAIL: molti, però, ignorano che quest’ultima copre anche i cd. infortuni in itinere: si tratta degli incidenti che, come dice il nome, si verificano lungo la strada che ci porta al lavoro. Ebbene, proprio in presenza di un infortunio che si verifica lungo il normale tragitto tra abitazione e lavoro (e viceversa), è possibile avere diritto ad un risarcimento sotto forma di indennizzo o di rendita volta a coprire tutte le spese mediche e i giorni di riposo forzato conseguenti.

Tuttavia, per poter accedere a questo risarcimento da incidente in itinere esistono delle condizioni precise, che riguardano principalmente le modalità con cui è avvenuto il sinistro e che, se non sussistenti, escludono il riconoscimento del risarcimento. Se vuoi conoscere tutti i dettagli in materia, allora continua a leggere la nostra guida definitiva sull’infortunio in itinere: di seguito, infatti, ti spiegheremo in quali casi puoi avere diritto al risarcimento, come fare a richiederlo, quali sono i danni coperti (e quali no) e come opporsi al rifiuto da parte dell’ente previdenziale di riconoscere l’indennizzo.

Leggi anche: consulenza gratis infortunistica stradale

Cosa vuol dire infortunio in itinere

Il primo aspetto da approfondire sul risarcimento per infortunio in itinere riguarda l’esatta definizione dell’oggetto del discorso: per questo motivo, dobbiamo chiederci in primo luogo cosa si intende per infortunio in itinere.

Prendendo in esame la disciplina che la legge disegna in merito, possiamo affermare sinteticamente, che per infortunio in itinere si intendono:

  • gli incidenti che riguardano il lavoratore e che si verificano durante il normale tragitto di andata o ritorno dalla propria abitazione al luogo di lavoro;
  • gli infortuni che possono interessare il lavoratore e che avvengono durante il percorso normale che quest’ultimo compie tra due luoghi di lavoro;
  • infine, gli incidenti che possono avvenire durante il normale percorso (comprensivo di andata e ritorno) effettuato tra il luogo di lavoro e quello in cui il lavoratore consuma il pasto, se l’azienda non è dotata di una propria mensa interna.

Risarcimento infortunio in itinere

L’esame di queste tre ipotesi rende evidente il ricorrere di un requisito comune: si tratta del concetto di “normale percorso”. Di cosa si tratta e perché è così importante ai fini del risarcimento da infortunio in itinere?

Per rispondere a questa domanda è importante aver chiaro che l’assicurazione INAIL ha la funzione di apprestare un risarcimento al lavoratore per tutti gli infortuni incolpevoli di cui è vittima durante l’attività lavorativa. Questo significa, per fare un esempio, che l’assicurazione in questione non può coprire il danno che riceveresti precipitando dal tetto di casa mentre fai delle riparazioni.

infortunio in itinere risarcimento

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Ora, la copertura assicurativa per i danni in itinere si spiega proprio in considerazione del nesso che esiste tra evento dannoso e lavoro: detto in altri termini, il danno subito è coperto dall’assicurazione dal momento che ti sei trovato in quell’esatto punto e in quella determinata circostanza a causa proprio perché ti stavi recando a lavoro. Se così non fosse, e se cioè il sinistro o altra forma di infortunio ti fosse capitata mentre andavi a fare la spesa (quindi, in un momento assolutamente non collegabile all’attività lavorativa), viene meno quello che in gergo si definisce “nesso di occasionalità”.

Questo è il motivo per cui la legge parla di percorso normale: il danno da infortunio in itinere in tanto può essere riconosciuto dall’assicurazione del lavoratore in quanto è riconducibile, in senso lato, all’attività lavorativa.

Quando si ha il risarcimento da inCIDENTE in itinere

Chiarito il perché dell’importanza di questo nesso, possiamo ora chiederci in cosa consiste il requisito del normale percorso. Si tratta, in breve, dell’itinerario normale che viene compiuto dal lavoratore per recarsi al lavoro, per tornare dalla propria attività a casa o per spostarsi attraverso due luoghi di lavoro diversi. Il percorso in questione è quello più breve, senza alcuna deviazione di sorta, richiesto per poter arrivare o tornare dal lavoro. E questo spiega il motivo per cui, in alcune vertenze con gli enti previdenziali, non è stato riconosciuto l’indennizzo: se il lavoratore subisce l’incidente su una strada non “normale” (ad esempio, perché ha fatto una deviazione per motivi personali, non collegabili in alcun modo con la propria attività lavorativa), il fatto di danno non è più considerato pertinente all’attività lavorativa e, conseguentemente, non può ricevere tutela.

Questo vale in generale. In realtà, però, le cose sono un po’ più complicate di quanto le abbiamo descritte, dal momento che, in ogni caso di specie, ci possono essere delle circostanze che contribuiscono a rendere “normale” (ai fini di cui stiamo trattando) la deviazione in questione. In effetti, rientrano nel normale percorso anche le deviazioni rispetto al tragitto più breve che siano dovute:

  • ad una causa di forza maggiore, come avviene se il tragitto ordinaria è bloccato a causa di lavori in corso;
  • a causa di esigenze improrogabili, come un appuntamento dal medico cui devi recarti prima di andare al lavoro;
  • ad altre ipotesi che si considerano tutelate dalla legge: ciò può avvenire, ad esempio, se devi andare in Tribunale per recare una testimonianza, oppure se devi adempiere ad un obbligo previsto dalla legge (si pensi all’obbligo di firma in Questura che ha un lavoratore agli arresti domiciliari), e così via.
incidente in itinere

incidente in itinere

Prima di illustrarti i comportamenti da tenere in caso di infortunio in itinere è importante aggiungere che il concetto di “normale percorso” comprende normalmente solo gli incidenti che si verificano lungo le strade pubbliche o condominiali, purché aperte al traffico generale. Ne consegue che non hai diritto al risarcimento per qualsiasi sinistro avvenuto in un luogo di tua proprietà esclusiva, come nel viale di casa o in garage: questo perché si tratta pur sempre di eventi dovuti ad un rischio non collegato al tragitto casa-lavoro. Invece, non ci sono limiti particolari per quanto riguarda le modalità con cui avviene l’incidente: infatti, come vedremo meglio più avanti, può essere coperto sia l’infortunio che avviene in auto, con mezzi pubblici, in bici o persino a piedi.

Come avere il risarcimento da sinistro in itinere

Questa premessa sulla natura dell’infortunio in itinere ci permette di illustrare cosa deve fare il lavoratore per poter chiedere il risarcimento.

Nel momento in cui si verifica un infortunio in itinere, la prassi è identica a quella prevista per gli incidenti che capitano sul luogo di lavoro. In questo caso, infatti, il lavoratore è tenuto ad avvertire immediatamente il datore di lavoro, dal momento che spetta a quest’ultimo effettuare, entro i termini di legge, la relativa denuncia all’ente previdenziale. Ne consegue che se non denunci il fatto al tuo datore di lavoro c’è il rischio di perdere l’indennità per tutti i giorni precedenti a quello in cui hai effettivamente comunicato al titolare dell’azienda la notizia dell’incidente.

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sinistro in itinere

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Una volta effettuata la denuncia dell’infortunio, dovrai sottoporti alle cure e agli interventi richiesti dall’INAIL, fornendo contestualmente al datore di lavoro i certificati medici relativi, comprensivi di giorni di prognosi connessi al tuo referto. Nel frattempo, inoltre, dovrai aspettarti una visita fiscale da parte dell’ente previdenziale: si tratta di una prassi ordinaria, volta ad evitare comportamenti abusivi.

Leggi anche: cosa fare se l’assicurazione non vuole pagare

Procedimento infortunio in itinere

Per quanto concerne il procedimento, la legge prevede a carico del datore di lavoro l’obbligo di denunciare il fatto all’INAIL, attraverso la piattaforma telematica, entro termini ben precisi:

  • due giorni dal ricevimento del certificato medico da parte del lavoratore infortunato;
  • ventiquattro ore da quando si è verificato l’evento dannoso, nel caso in cui il lavoratore sia deceduto o si trovi in pericolo di morte.

Come anticipavamo, il risarcimento danni per infortunio in itinere copre qualsiasi modalità di spostamento, sia con mezzi pubblici che a piedi. Tuttavia, il riconoscimento del risarcimento è sottoposto ad alcune condizioni. Oltre alla normalità del tragitto, infatti, è necessario che il lavoratore dimostri:

  • le finalità lavorative (e cioè che si trovava nel punto in cui si è verificato l’incidente proprio perché si stava recando a lavoro, e così via, secondo la casistica prima menzionata);
  • la compatibilità di orario (dando cioè prova del fatto che l’incidente si è verificato in un momento in cui si può presumere che il lavoratore si stesse recando al lavoro o stesse tornando a casa, e così via).

Requisito risarcimento danno in itinere: la cosiddetta “occasione di lavoro”

Questi due fattori, uniti alla condizione del “normale tragitto” definiscono quella che nelle sentenze e nei provvedimenti dell’ente previdenziale viene chiamata “occasione di lavoro”. In sostanza, e come già accennato, perché possa aversi risarcimento per l’infortunio in itinere è necessario verificare che, nel caso concreto, il lavoratore si trovasse nel luogo dell’incidente (e quindi lo abbia subito) a causa della necessità di recarsi al lavoro.

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Il concetto di “occasione di lavoro” è, come anticipato, abbastanza elastica, dal momento che comprende tutti gli eventi che si verificano “a causa” dell’attività lavorativa: ciò rende necessario dimostrare l’esistenza di un contratto di lavoro, oltre che fornire tutte le indicazioni sugli orari, sul tipo di mansioni e sugli spostamenti che si rendono necessari a causa dell’attività lavorativa. Tutto ciò consente di provare il nesso di causalità tra il lavoro e l’infortunio, con la conseguenza che in tutti i casi in cui l’incidente si verifica in un’occasione diversa si è al di fuori del danno in itinere.

Requisito risarcimento sinistro in itinere: la cosiddetta “causa violenta”

Ma non basta. Oltre ad essere necessaria la condizione dell’occasione di lavoro (che, come detto, si compone dei tre elementi del normale tragitto, della finalità lavorativa e della compatibilità di orario), esiste un’altra condizione da tenere in considerazione e che si definisce “causa violenta”. In sostanza, il danno in itinere può essere risarcito solo quando è ingiustamente subito dal lavoratore in occasione della sua attività lavorativa. Per causa violenta, quindi, bisogna intendere tutti i fattori che presentano un nesso con l’attività lavorativa (anche se solo per i fini legati allo spostamento da e verso il luogo di lavoro), quali esposizione a sostanze tossiche, danni fisici, incidenti stradali, affezioni virali, e così via.

In sostanza, non potrai chiedere il risarcimento per infortunio in itinere in tutti i casi in cui il danno è dovuto a dolo o colpa grave: si tratta, cioè, dei casi in cui è lo stesso lavoratore, per il proprio comportamento imprudente, ad esporsi ad un rischio assolutamente non prevedibile come normale. Ne consegue che non sono coperti i danni che derivano dall’abuso di alcolici o stupefacenti, dall’utilizzo di farmaci psichiatrici o, ancora, dall’assenza di patente di guida (nel caso in cui tu abbia provocato un incidente automobilistico).

Infortunio in itinere con mezzo proprio

incidente in itinere

incidente in itinere

Proprio con riguardo all’utilizzo dell’automobile da parte del lavoratore, è importante specificare che si ha diritto al risarcimento da infortunio in itinere anche quando quest’ultimo si verifica con l’auto del dipendente. Tuttavia, perché si possa ritenere integrato il requisito dell’occasione di lavoro, è necessario dimostrare che il lavoratore abbia utilizzato la propria auto come unica alternativa per recarsi al lavoro. Ciò può avvenire provando che mancano mezzi pubblici utilizzabili per il tragitto, oppure che la linea pubblica impedirebbe di arrivare al lavoro in orario o costringerebbe il lavoratore a spostamenti troppo lunghi e disagevoli.

La legge, inoltre, comprende tra i mezzi pubblici la bicicletta. Ne consegue che, in caso di incidente subito dal lavoratore-ciclista, l’uso di un mezzo privato non comporta alcun ostacolo al riconoscimento dell’indennizzo.

Infortunio in itinere, chi paga

Esaminati tutti i casi in cui è possibile chiedere il risarcimento e a quali condizioni, è importante fornire anche qualche indicazione sul soggetto tenuto al pagamento dell’indennizzo.

Come detto, l’infortunio in itinere ha lo stesso valore degli infortuni che si verificano sul luogo di lavoro e, pertanto, essi rientrano nella competenza dell’INAIL: questo ente previdenziale è tenuto al risarcimento dei danni in tutti i casi di sinistro subito dal dipendente in occasione dell’attività lavorativa. Come detto, la pratica viene avviata dal datore di lavoro nei tempi sopra esaminati. Tuttavia, l’entità del pagamento è ripartita diversamente a seconda della durata della prognosi prevista. Infatti:

  • per i primi quattro giorni di malattia è il datore di lavoro a corrispondere il risarcimento, con un assegno che copre al 100% il salario per il primo giorno e al 60% per i tre giorni successivi (il cosiddetto “periodo di carenza”);
  • nei casi di prognosi successiva ai quattro giorni, è l’ente previdenziale a corrispondere l’indennizzo.

Vediamo, a questo punto, in cosa consiste il risarcimento da infortunio in itinere. Come detto, se la prognosi supera i quattro giorni è direttamente l’ente previdenziale a fornire una rendita, calcolata secondo percentuali sulla retribuzione media dei lavoratori appartenenti alla categoria del soggetto interessato. Ciò vale soprattutto nelle ipotesi che più frequentemente danno luogo ad un infortunio in itinere, gli incidenti automobilistici. Tuttavia, in questi casi viene in rilievo anche la possibilità di ottenere un risarcimento da parte dell’assicurazione per la RC auto. Il che ci porta a chiederci se è possibile, in presenza di un incidente stradale verificatosi mentre il lavoratore sta andando a lavoro, cumulare l’indennizzo previdenziale e quello assicurativo.

In proposito, è opportuno segnalare che i presupposti per cui è possibile ottenere risarcimento INAIL e assicurativo sono differenti. Infatti, la rendita per l’infortunio in itinere viene riconosciuta anche se il sinistro si è verificato per colpa del lavoratore (a causa, ad esempio, di una violazione lieve del codice della strada, mentre abbiamo già visto che per infrazioni gravi, come il mancato possesso della patente, non è possibile ottenere alcun risarcimento); viceversa, il ristoro da parte dell’assicurazione è generalmente escluso in questi casi, salvo quando ci sia un concorso di responsabilità tra due conducenti.

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Tuttavia, ipotizzando che il lavoratore non abbia alcuna responsabilità nel sinistro stradale, è possibile ottenere entrambe le forme di ristoro? In altri termini, se sei vittima di un sinistro in itinere mentre eri alla guida della tua auto, puoi cumulare l’indennizzo INAIL e quello dell’assicurazione? In realtà, no: secondo la giurisprudenza, infatti, il risarcimento non può comportare un arricchimento del soggetto danneggiato, dal che consegue che se hai già ricevuto un indennizzo (rispettivamente, da parte dell’assicurazione o dell’ente previdenziale) che ha coperto integralmente il danno subito, l’altra forma di ristoro non può essere sommata. Anzi, dal risarcimento ricevuto da parte dell’assicurazione (o da parte dell’INAIL), devono essere detratte le somme già ricevute grazie all’altra forma di indennizzo.

Infortunio tragitto casa-lavoro: quando non spetta l’indennizzo

Finora ci siamo occupati di chiarire in quali casi e a quali condizioni è possibile ricevere il risarcimento per infortunio in itinere. Adesso è il momento di verificare quali situazioni permettono all’INAIL di rifiutare il riconoscimento dell’indennizzo in questione ed, eventualmente, in che modo contestare la decisione dell’ente previdenziale.

Come avrai già avuto modo di capire leggendo quanto scritto finora, non tutte le ipotesi di sinistro determinano un risarcimento per infortunio in itinere. Chiaramente, riprendendo le condizioni già esaminate (relative alla “occasione di lavoro” e alla “causa violenta”), l’INAIL può rifiutarsi di coprire le spese per quegli incidenti che siano assolutamente incompatibili con l’esercizio dell’attività lavorativa.

Ricapitolando, il risarcimento è sempre escluso nei seguenti casi:

  • sinistro causato dall’abuso di alcolici, psicofarmaci, sostanze stupefacenti e allucinogeni;
  • gravissime violazioni del codice della strada, quali il superamento eccessivo dei limiti di velocità o la mancanza dell’abilitazione alla guida;
  • deviazione non compatibile con il “normale percorso” che conduce al luogo di lavoro.

Con riferimento a quest’ultima causa di esclusione è bene ricordare che le interruzioni e deviazioni dal normale percorso sono comunque compatibili con il risarcimento quando dovute a forza maggiore, ad esigenze improrogabili o all’adempimento di doveri imposti dalla legge. Anche in questo caso è importante fornire qualche esempio.

Infatti, il risarcimento è comunque ammissibile, anche in presenza di deviazioni, quando queste risultano:

  • da una espressa direttiva del datore di lavoro (che, ad esempio, ha commissionato un incarico al dipendente che lo ha costretto a modificare il proprio itinerario);
  • da un’esigenza improrogabile legata alla vita personale del lavoratore (come quella di accompagnare i figli a scuola o di soddisfare un’esigenza fisiologica);
  • da un’interruzione nel tragitto che non è tale da alterare il rischio normale di incorrere in incidenti (ad esempio, se se in anticipo e decidi di concederti un caffè nel bar che si trova lungo la strada che fai abitualmente per andare al lavoro).

Anche per quanto concerne l’utilizzo dell’auto per recarsi sul posto di lavoro, le condizioni per l’ammissibilità del risarcimento sono particolarmente stringenti. Più sopra abbiamo fatto riferimento alla necessità di ricorrere al mezzo privato, quando mancano alternative ragionevoli (come mezzi pubblici) per poter andare al lavoro. Sul punto, la più recente giurisprudenza ha ulteriormente specificato i requisiti per i quali è possibile riconoscere il risarcimento, escludendo tutte le ipotesi che non presentino queste caratteristiche:

  • la distanza coperta sia superiore a 600 metri (nel qual caso, l’uso dell’auto non verrebbe considerato “necessario”);
  • il percorso seguito dall’automobilista sia logico (nel senso che rappresenta quello più breve e che il guidatore medio seguirebbe per raggiungere la destinazione);
  • il ricorso all’alternativa dei mezzi pubblici imporrebbe orari particolarmente gravosi al lavoratore, incompatibili con la propria vita personale e familiare (ad esempio, se per arrivare a lavoro col treno saresti costretto a svegliarti tre ore prima di quanto faresti usando l’automobile).

Come visto, quindi, i cavilli cui prestare attenzione per non perdere il diritto al risarcimento da infortunio in itinere sono molti. Tuttavia, pur ricorrendo tutte le condizioni di cui abbiamo parlato finora è sempre possibile che l’INAIL rifiuti il riconoscimento dell’indennizzo. Cosa fare in questi casi?

Per contestare il rifiuto dell’ente previdenziale è possibile promuovere un ricorso amministrativo. Questa strada è sottoposta a dei termini ben precisi: infatti, il ricorso è possibile contro il provvedimento di rifiuto entro tre danni dalla data dell’evento. Se l’evento è stato denunciato è necessario computare altri 150 giorni, tempo che viene considerato di sospensione e che corrisponde alle attività di accertamento poste in essere dall’ente previdenziale. Quindi, se hai denunciato il danno, devi calcolare come termine massimo per poter contestare la decisione negativa dell’INAIL 3 anni e 150 giorni dal giorno dell’evento.

Il ricorso deve contenere tutte le motivazioni per cui si ritiene ingiusta la decisione. Ciò comporta l’avvio di un procedimento interno all’INAIL che si conclude con l’emanazione di una decisione. Se anche quest’ultima dovesse rifiutare il riconoscimento dell’indennizzo, l’unica alternativa percorribile è quella del ricorso al giudice del lavoro: in altri termini, occorre far causa all’ente previdenziale, con l’ausilio di un avvocato, e attendere i tempi della giustizia civile per ottenere il riconoscimento dell’indennità dovuta.

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